Dall’11 maggio al 24 novembre la bella città di Venezia ospiterà la Biennale d’Arte, una delle più celebri esposizioni d’arte contemporanea del mondo, che ricorre ogni 2 anni. La mostra, giunta oramai alla 58esima edizione, sarà curata dallo statunitense Ralph Rugoff, direttore della Hayward Gallery di Londra, e si intitola “May You Live in Interesting Times”. Il titolo richiama un detto inglese erroneamente riferito a una maledizione cinese che augurava ai nemici di vivere in tempi bui, incerti, di crisi e disordini. Non c’è quindi un tema chiaro e ben definito, ma si tratta piuttosto di un invito a vivere il presente con tutte le sue incertezze e contraddizioni. Dalle tragedie dei migranti al cambiamento climatico, dal razzismo alla crescente diseguaglianza economica.
Il titolo sembra un augurio che suona come una minaccia, un invito a una riflessione profonda sulle problematiche della nostra epoca, dalla crisi politica a quella ambientale, da quella etica a quella esistenziale. L’invito è di comprendere meglio la complessità del mondo moderno osservandolo attraverso gli occhi degli artisti che sono i narratori del presente.
Biennale di Venezia 2019: gli artisti
Quest’anno alla Biennale di Venezia parteciperanno solo 79 artisti ( contro i 120 della scorsa edizione) di 38 paesi (e non 51 come l’edizione precedente). Per la prima volta metà degli artisti sono donne e hanno meno di 40 anni. La maggior parte delle opere sono state realizzate dopo il 2010 e non sono mai state esposte.
Biennale di Venezia 2019: i biglietti
La Biennale è aperta dall’11 maggio al 24 novembre 2019 ed è visitabile tutti i giorni, eccetto il lunedì ed escluso il 13 maggio, il 2 settembre e il 18 novembre. I Giardini sono aperti dalle 10 alle 18 e l’Arsenale dalle 10 alle 18 (il venerdì e il sabato fino al 5 ottobre la chiusura è posticipata alle 20).
Ci sono due tipologie di biglietti:
- Biglietti Plus: sono validi per 3 giorni consecutivi per più ingressi in entrambe le sedi espositive (Giardini ed Arsenale). Il costo è di 35€ (per under 26 e per gli studenti 25€)
- Biglietti Regular: sono validi per un solo ingresso in ciascuna sede espositiva.
Il costo è di 25€ intero, di 22€ ridotto (Aci, Coop, Touring Club, Carta Giovani, titolari di CartaFreccia con biglietto Frecciargento/Frecciabianca/Frecciarossa con destinazione Venezia e data di viaggio antecedente al max. 3 giorni la data di visita), ridotto 20€ (over 65, militari, residenti Comune di Venezia), ridotto 16€ (studenti e under 26 con documento valido).
L’ingresso è gratuito per i bambini fino a 6 anni compiuti e per gli accompagnatori di persone disabili.
Non è consentito l’accesso con animali nell’Arsenale, mentre sono ammessi gli animali di piccola taglia al guinzaglio nell’area verde dei Giardini.
Biennale di Venezia: cosa vedere
Come ogni edizione, le sedi espositive sono due: i Giardini e l’Arsenale. Nei Giardini potete ammirare il Padiglione Centrale curato da Rugoff e i 29 padiglioni più antichi, come la Francia, la Germania e il Regno Unito. Nell’Arsenale che ha uno spazio espositivo di 50 mila metri quadrati ospita altri padiglioni internazionali e il Padiglione Italia curato da Milovan Farronato. Interessanti sono anche i 21 eventi collaterali ospitati in chiese, palazzi, conventi e magazzini.
Il Padiglione della Lituania
Vincitore del Leone d’Oro, è il padiglione che sta riscuotendo maggior successo tra i critici. Definito interessante, evocativo ed emozionante, mette in scena “Sun and Sea” nella Marina dell’Arsenale. Quest’opera rappresenta una finta spiaggia con persone vere che la popolano: uomini, donne, bambini che giocano, leggono, sonnecchiano e si godono una giornata al mare, mentre il visitatore li scruta dall’alto. Gli attori intonano una musica malinconica. Per chi lo desidera è possibile anche partecipare alla messa in scena: basta compilare un modulo e portare il costume da spiaggia.
Il Padiglione Italia
Nell’Arsenale potete ammirare l’opera “Né altra Nunaé questa: La sfida al Labirinto”, curata da Milovan Farronato e che raccoglie le opere di 3 artisti: David, Moro e Fumai. S’ispira al saggio di Italo Calvino e attraverso la struttura del labirinto si propone di esporre opere diverse che si intrecciano tra loro, senza un messaggio chiaro e preciso, ma lasciando libertà d’interpretazione. I visitatori vengono invitati a perdersi, a lasciarsi confondere e a sbagliare strada. Si esce disorientati e confusi. Lo scopo è di mostrare l’impossibilità nella vita di seguire traiettorie prevedibili e che è meglio percorrere la strada dell’incertezza e del dubbio.
Il Padiglione Francia
L’opera culminante della Biennale si trova nei Giardini ed è realizzata dall’artista Laure Prouvost. Definita una “versione contemporanea dell’Odissea e della Tempesta di Shakespeare” e “un omaggio originale al mare, con oceani di vetro e performance dal vivo”, l’opera propone un filmato sul viaggio di Prouvost da Parigi a Venezia , comparsate estemporanee dei suoi attori, oggetti e souvenir: anguille e polpo scolpiti, guscio d’uovo fracassati, rifiuti sul pavimento di vetro verde che ricorda l’oceano, cellulari rotti. Compare anche un finto piccione con una sigaretta nel becco. In definitiva un fluidità di emozioni nel segno dell’evasione dalla realtà.
Il Padiglione Belgio
“Mondo Cane” è un’interessante opera esposta nei Giardini che ha vinto la menzione speciale per le partecipazioni nazionali. Si tratta di una rassegna con bambole, automi, zombie, illustrazioni che inquietano lo spettatore e rappresentano con humor l’orrore dell’essere umano.
Il Padiglione Regno Unito
Situata nei Giardini c’è l’opera dell’artista di Belfast Cathy Wilkes. Esprime una riflessione malinconica sulla perdita di importanza del Regno Unito e più in generale un senso di fine del mondo. Vasi di fiori con merletti strappati, manichini mezzi nudi che spingono passeggini, tazze abbandonate, pupazzi a terra e tanta desolazione.
Il Padiglione Stati Uniti
L’opera si intitola Liberty, è collocata nei Giardini ed è del famoso scultore afroamericano Martin Puryear. Molti sono i riferimenti alla storia degli afroamericani, agli anni di oppressione e alla liberazione. Scarso interesse da parte della critica, ma ampio successo su Instagram: le enormi scultore non colpiscono ogni osservatore.
Il Padiglione Svizzera
Sempre nei Giardini, è possibile ammirare l’installazione video “Moving Backwards” che attraverso il tema della danza rappresenta le controversie del mondo contemporaneo. I protagonisti del video camminano indossando le scarpe al contrario, simboleggiando l’ambiguità dei tempi moderni dove anziché progredire stiamo regredendo, immersi tra guerre e nuovi odi razziali. Il risultato dell’installazione è un mix di elementi della cultura queer e tecniche di guerriglia.
Il Padiglione Ghana
Per la prima volta c’è un padiglione realizzato dal Ghana ed ha riscosso notevole successo. Si trova nell’Arsenale e racconta attraverso le opere di 6 artisti di 3 generazioni diverse la lotta del Ghana per l’indipendenza. Molto apprezzati sono stati i ritratti in bianco e nero di Felicia Abban, prima fotografa professionista ghanese.
Il Padiglione Brasile
Il Padiglione brasiliano propone una mostra incentrata su “Swinguerra”, un film inedito realizzato per la Biennale. Attraverso un’installazione video e dei ritratti, si narra il fenomeno brasiliano del swingueira, quando gruppi di 10/15 persone si sfidano ogni anno in esibizioni di danza.
Il Padiglione Giappone
A dar il nome al padiglione è il “Cosmo-Egg”, ovvero l’uovo cosmico- simbolo del mito cosmogonico. Attraverso l’interpretazione di miti, credenze e tradizioni, la mostra vuole indagare il rapporto tra uomo e natura.
Il Padiglione Grecia
Protagonista è la storia, ma quella ignota e dimenticata. Lo scopo è quello di mettere in discussione le fake news del presente e le vicende passate.
Il Padiglione Israele
Vi sembrerà di entrare nella sala d’attesa di una clinica medica del futuro. Lo scopo è quello di mostrare come l’arte vuole reagire ai problemi sociali. Centrale è il progetto “No Body” che affronta il tema degli abusi familiari e del disagio sociale.
Biennale di Venezia: cosa non perdere
Per chi desidera conoscere le opere assolutamente imperdibili della Biennale, ecco una rapida rassegna:
- “Vygintas, Kirilas e Semionovas”: definita la scultura più bella della mostra. L’opera è del 28enne lituano Serapinas e raffigura una brutale rovina di blocchi di edifici presi da un ex centrale nucleare in Lituania.
- “Angst”: l’opera è del 30enne indiano Soham Gupta. Si tratta di una raccolta di ritratti notturni dei senzatetto di Calcutta, caratterizzata da un forte espressionismo.
- “For, In Your Tongue, I Cannot Fit”: l’opera dell’indiana Shilpa Gupta vuole commemorare 100 poeti imprigionati o giustiziati dal VII secolo ad oggi, attraverso 100 microfoni che diffondono versi in russi, arabo, inglese, spagnolo, sospesi su 100 punte di metallo, ognuna con un pezzo di carta con un frammento di poesia.
- “Flight”: l’opera nel Padiglione Polonia è un aereo privato sottosopra con la cabina di pilotaggio devastata.
- “Can’t Help Myself”: un robot industriale chiuso in una gabbia trasparente e intento a pulire a terra, senza avere successo, una vernice rossa sangue.
- “Barca Nostra”: sicuramente una delle opere più controverse di questa Biennale. Si tratta di un barcone che affondò al largo della Sicilia il 18 aprile del 2015 e che causò la morte di un numero imprecisato di migranti tra 700 e 1000. Un barcone eritreo senza nome, fuori azzurro come il cielo, dentro nero come la morte. Rimasto sott’acqua per oltre un anno a 350 metri di profondità, fu recuperato non con facilità nel 2016. Solo 28 superstiti.
Dei quasi mille volti senza nome resta invece un libro di Cristina Cattaneo, medico legale incaricata del riconoscimento delle vittime. Pagine e pagine colme di dettagli: il ragazzino con la pagella cucita nella maglietta, il suo lasciapassare per l’Occidente; il giovane con un sacchetto di terra in tasca.
Rifiuto speciale di proprietà dello Stato, il barcone è stato trasportato da Melilli a Venezia per conto dell’artista svizzero Buchel (un provocatore nato: in passato aveva allestito una moschea dentro una chiesa). Il risultato è una tragedia da esposizione, per alcuni toccante per altri nauseante. Lo scopo dell’artista è quello di smuovere la coscienza umana.
13° Biennale di Venezia-Leone d’oro all’architetto Álvaro Siza Vieira
È stato attribuito all’architetto portoghese Álvaro Siza Vieira il Leone d’oro alla carriera della 13° Mostra Internazionale di Architettura – Common Ground.
La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore David Chipperfield, con la seguente motivazione:
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“Perché ho la dimensione di ciò che vedo e non la dimensione della mia altezza.”
“È difficile pensare a un architetto contemporaneo che abbia mantenuto una presenza coerente nell’ambito della professione quanto Álvaro Siza. Che una tale presenza sia mantenuta proprio da un architetto che vive e lavora all’estremo margine atlantico dell’Europa non fa che mettere in risalto la sua autorità e la sua condizione.”
“Sin dall’epoca dei primi consensi ricevuti per il ristorante di Boa Nova e le piscine di Leca de Palmeira, e di una reputazione confermata dalle sue prime abitazioni, Siza ha occupato una posizione peculiare nella galassia architettonica. Questa posizione è ricca di paradossi. Siza ha mantenuto una consistente produzione di opere del più alto livello, senza tuttavia mostrare la minima traccia di quel palese professionalismo e dell’autopromozione che sono ormai diventati parte del meccanismo dell’architetto contemporaneo. Mentre sembra andare nella direzione opposta rispetto al resto della categoria, in realtà pare essere sempre davanti a tutti, apparentemente non toccato e non intimorito dalle sfide pratiche e intellettuali che pone a se stesso.”
“Protetto dalla sua collocazione isolata emana una saggezza universale. Sperimentando con forme geometriche estreme riesce a creare edifici di grande rigore. Sviluppando un linguaggio architettonico tutto suo sembra parlare a tutti noi. Mentre la sua opera emana sicurezza di giudizio, essa risulta chiaramente potenziata da prudente riflessione. Mentre siamo abbagliati dalla luminosità dei suoi edifici, avvertiamo tutta la loro consistenza. Quelli di noi che hanno avuto la fortuna di averlo sentito parlare di architettura con parole parche e precise quanto le linee sottili dei suoi disegni, sanno che queste opere non sono il prodotto di un talento convenzionale, bensì di una mente finemente esercitata dalla sicurezza della conoscenza e dalla saggezza del dubbio.”
Il riconoscimento ad Álvaro Siza Vieira sarà consegnato ai Giardini della Biennale mercoledì 29 agosto 2012 alle ore 11, nel corso della cerimonia di premiazione e inaugurazione della 13° Mostra Internazionale di Architettura.
Ma chi è Álvaro Joaquim Melo Siza Vieira? Álvaro Joaquim de Melo Siza Vieira, meglio noto come Álvaro Siza (Matosinhos, 25 giugno 1933), è un architetto portoghese.
È stato insignito del Pritzker Prize nel 1992 e del Premio Wolf per le arti nel 2001. Nasce a Matosinhos vicino la città di Porto in Portogallo, nel 1933.
Tra il 1949 e il 1955 studia presso la Facoltà di Architettura – Università di Porto, completando il suo primo progetto nel 1954. Dal 1955 al 1958 collabora con l’architetto Fernando Távora. Dal 1966 al 1969 insegna alla Scuola di Architettura di Porto (ESBAP), dove nel 1976 viene nominato Professore di “Costruzione”.
È stato Visiting Professor a l’Ècole Polythéchnique di Losanna, alla University of Pennsylvania, alla Los Andes University di Bogotà e alla Graduate School of Design della Harvard University.
Álvaro Siza Vieira è autore di molti progetti:
- Boa Nova Tea House e Ristorante a Leça da Palmeira (Porto);
- 1200 abitazioni a Malagueira (Evora);
- Scuola di Istruzione Superiore di Setúbal;
- nuova Scuola di Architettura di Porto;
- Biblioteca della Aveiro University;
- Museum of Modern Art di Porto;
- Chiesa e centro parrocchiale di Marco de Canavezes;
- Padiglione del Portogallo per l’EXPO del 1998
- Padiglione del Portogallo di Hannover 2000 (con Souto de Moura);
- abitazioni e uffici del complesso “Terraços de Bragança” a Lisbona;
- dal 1988 ha coordinato la ricostruzione del quartiere di Chiado a Lisbona includendo i progetti di edifici quali Castro e Melo, Grandella, Chiado Stores e altri.
- Dal 1985 ha coordinato il piano di recupero di Schilderswijk in Olanda terminato nel 1989;
- nel 1995 ha portato a termine il progetto per gli isolati 6-7-8 del Ceramique Terrein a Maastricht.
- In Spagna ha realizzato i progetti per il Centro Meteorologico del Villaggio Olimpico di Barcellona, il Museo di Arte Contemporanea di Galizia e la Facoltà di Scienze a Santiago di Compostela.
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